125 anni di amore e ginnastica
A cura di Luciana Nora
1879 – 2004
125 anni di amore e ginnastica
Il 17 marzo 1861 era proclamata l’Unità d’Italia. Molti testi scolastici attribuiscono a Cavour la frase: "Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani!" Forse a formularla non è stato Cavour, bensì Massimo D’Azeglio, sta che quell’enunciato era rappresentativo del pensiero di molti politici e uomini di cultura di quel tempo. Se l’unificare geograficamente la nazione era stata un’impresa che aveva richiesto un alto tributo di vite umane e una paziente diplomazia, ancora più arduo appariva formare una coscienza nazionale comune. Varie erano le componenti che segnavano la diversità: molteplici le lingue, i costumi, le strategie di lavoro e di vita; differenti fino ad essere antitetici tra loro gli ideali politici che si agitavano in una realtà dove i contrasti sociali ed economici apparivano incolmabili. Era un’Italia alla ricerca di una propria credibilità sia sul piano internazionale sia al suo interno. Peraltro non erano ancora interamente realizzati i confini del territorio idealmente concepito, e appariva chiaro che ci si sarebbe dovuti spendere in ulteriori conflitti.
Enormi erano le aspettative, molte delle quali non potevano che rimanere disattese o anche mortificate. La preoccupazione inerente la reale unificazione era tanto realistica che detto processo può dirsi non concluso a tutt’oggi, anzi, paradossalmente, quasi in predicato. L’istruzione e, attraverso di essa l’approdo ad una lingua comune, era ritenuta un mezzo efficace per superare barriere. Validi strumenti dovevano rivelarsi tutti quei linguaggi artistici che, allora come oggi, riuscivano ad essere pressoché universali. Anche la pratica sportiva per la sua prerogativa di essere formativa e al tempo stesso spettacolare era interpretata come un ponte possibile. Su iniziativa di uomini di impronta liberale, sorgevano numerose società sportive: è stato calcolato che dovessero essere 102 sparse sull’allora territorio nazionale, concentrate particolarmente nel nord e centro Italia.
Lo sport, rigorosamente praticato su un piano dilettantistico, in una concezione classica, era concepito in primo luogo come strumento formativo. Il misurarsi competitivo attraverso il confronto con realtà diverse era inteso come stimolo alla conoscenza e al migliorarsi, sebbene vi fosse consapevolezza che, come ogni azione umana, poteva celare in sé contraddizioni. All’inizio del Novecento, Pierre De Couberten osservava come; "L’azione dello sport oggi come un tempo… sarà utile e dannosa, secondo il partito che se ne saprà trarre e secondo la direzione verso cui la si indirizzerà. Lo sport può mettere in gioco le passioni più nobili come le più vili; può sviluppare il disinteresse o il sentimento dell’onore come l’amore per il guadagno; può essere cavalleresco o corrotto, virile o bestiale: Infine lo si può usare per consolidare la pace come preparare la guerra." Stigmatizzava il professionismo sportivo con annessi e connessi tanto che gli si poté erroneamente attribuire la frase da lui stesso smentita: "L’importante non è vincere, ma partecipare."
Nel 1864, a tre anni dalla proclamazione del regno d’Italia, veniva fondata la Società Ginnastica di Carpi, progenitrice della Società Ginnastica La Patria, istituita il 7 maggio 1879. Il secondo articolo del suo statuto riflette con precisione gli scopi ancora attuali dell’allora neo/sodalizio sportivo: "Essa ha per iscopo di preservare lo sviluppo delle forze fisiche della gioventù e coltivare altresì lo spirito di aggregazione e fratellanza tra i cittadini di ogni classe nell’interesse supremo della patria." La pratica sportiva era però ancora lontana dall’essere interclassista e di massa; piuttosto, nella mentalità dei più, veniva considerata come un esercizio concepibile esclusivamente dai pochi che, sedentari per ceto o per professione, avevano energie in esubero e, anche tra questi, l’adesione allo sport era minoritaria.
Poco sensibili erano state le evoluzioni di costume scaturite nel 1878 coll’approvazione della legge sull’obbligatorietà dell’insegnamento di educazione fisica nelle scuole. Da un articolo comparso nel 1908 sul settimanale carpigiano "Luce" si può co
gliere quale fosse la situazione locale relativa all’educazione allo sport: "Nelle legislazioni scolastiche moderne dei popoli più civili ed evoluti, è data larga parte alle norme che disciplinano l’educazione fisica della gioventù, la quale ha bisogno di trovare negli esercizi ginnastici sapientemente regolati e variati, non solo il mezzo meccanico, acconcio ad irrobustire il corpo, ma anche il riposo e lo svago che alleggeriscono il lavoro intellettuale, rendendolo più attraente e fecondo… Ebbene possiamo dire che nel Ginnasio di Carpi si è sempre elusa la legge scientemente. L’incarico di questa disciplina era affidato una volta ad un maestro elementare che dietro un compenso irrisorio impartiva durante l’anno cinque o sei lezioni di tiro a segno. Ma da alcuni anni, più non esiste neppure questa larva di insegnamento per colpa di un’amministrazione che, per gretti interessi di classe, posponeva il rispetto della legge, il vantaggio ed il decoro della città. E la Commissione d’inchiesta dopo aver notificato la mancanza della palestra e di ogni attrezzo per la ginnastica interna, scrive nella sua relazione di non poter passare sotto silenzio né senza meraviglia che da qualche tempo non sia più impartito l’insegnamento di questa disciplina tanto importante all’educazione fisica, nemmeno nella palestra cittadina, come solevasi fare in passato…"
La denuncia relativa alle carenze di una scuola quale il Ginnasio, frequentata esclusivamente da giovani appartenenti ad un ceto sociale medio/alto, indirettamente dà un quadro della situazione generale molto preciso: nessun ragazzo aveva l’opportunità di sperimentare approcci con le discipline sportive, tantomeno i giovani figli del proletariato urbano e rurale i quali, avviati al lavoro in età minorile, a mala pena avevano avuto la possibilità di frequentare e concludere i due cicli della scuola elementare. Solo chi aveva il tempo, il modo e la possibilità economica poteva in definitiva concepire l’idea di frequentare una società sportiva e allenarsi in prospettiva di competizioni. A conferma dell’esattezza del quadro, è la testimonianza del carpigiano Umberto Becchi che, nato nel 1900, riportava: "[A praticare lo sport] era la media borghesia, la borghesia impiegatizia. Non era né il ricco che era un agricoltore e l’agricoltore non ne faceva parte… nemmeno la classe operaia… e nemmeno i contadini che non venivano a Carpi se non il giovedì e la domenica mattina: a mezzogiorno di loro non c’era più nessuno. C’era molta distinzione tra cittadino e campagnolo. I contadini non si trovavano bene in città, erano isolati… A praticare lo sport era la classe impiegatizia, ce n’erano molti, perché il truciolo aveva molti impiegati… praticavano lo sporta alle parallele, agli anelli… qualcuno faceva il fioretto, qualcuno la lotta greco/romana; non c’era la box… erano dei dilettanti..."
L’inno sociale de "La Patria" il cui testo è di Ferruccio Rizzatti e la musica del maestro Aniceto Govi, venne eseguito per la prima volta il 13 marzo 1881; esso è emblematico del patriottismo post/risorgimentale da cui aveva tratto origine la Società sportiva. Patriottismo che avrebbe continuato ad animarla almeno sino alla fine del secondo conflitto mondiale, nonostante la lunga parentesi del ventennio fascista, nel quale la Società Ginnastica "La Patria" venne di fatto assorbita dall’Opera Nazionale Dopolavoro, mutando anche la sua denominazione in Società Sportiva Dopolavoro La Patria Carpi.
Lietamente attorno il piè/
Siam ginnasti che innalziamo/
Bella Patria, un canto a te//
Siam cresciuti, cresciuti al sole ardente/
Nella terra, nella terra dell’amor!/
Siam cresciuti, cresciuti nel ridente/
Suol dell’armi, suol dell’armi e del valor!//
Guai se l’Italia frontiera/
Minacciasse un oppressore/
Tutti uniti in maschia schiera/
Col vessillo tricolor//
Bella Italia dei tuoi figli
La gagliarda, la gagliarda gioventù/
Saprà toglierti ai perigli
Saprà torti a servitù//
L’avvento del Fascismo a Carpi produsse eventi traumatici e un velocissimo modificarsi dell’assetto politico/organizzativo della città. La Cronaca Carpigiana di Don Ettore Tirelli minuziosamente descrive il susseguirsi violento degli eventi. "Il 1920 muore fra il terrorizzante crepitio delle rivoltelle… è sorto il fascismo. Energicamente e risolutamente si oppone questo a tutte le imposizioni e vi si oppone a suono di legnate e a colpi di rivoltella" Al 25 gennaio del 1921 erano presi a bastonate il direttore della cassa di Risparmio e il segretario del Partito Socialista. La sera dello stesso giorno era assaltata e devastata la Camera del Lavoro i cui materiali e suppellettili erano dati a fuoco. Il 30 dello stesso mese scappavano il segretario della Camera del Lavoro, il suo vice e tutti gli assessori costituenti la Giunta Municipale; l’onorevole Morgari, giunto a Carpi e ospite del senatore Alfredo Bertesi, era rispedito dopo essere stato sonoramente bastonato, affinché avesse a ricordare che in Carpi i tempi son mutati. Il 24 marzo, veniva rimessa a fuoco la Camera del Lavoro che, clandestinamente, si era tentato di ripristinare. Tra le tante notizie, nessun cenno è fatto alla Società Ginnastica "La Patria", la quale evidentemente non subiva nessuna aggressione palese, per la probabile ragione del suo essersi mantenuta in un difficile ed equidistante equilibrio con le varie componenti cittadine. Inoltre "La Patria" vantava come vessillo la grande vicenda dorandiana che divenne emblema utile anche al regime. Di fatto però "La Patria" venne coartata gradualmente e inesorabilmente, sino ad arrivare al 1928 in cui, attraverso un comunicato ufficiale, era disposto che: "[…] d’ora in poi l’incarico di proporre i Presidenti delle Società Sportive della Provincia di Modena, è devoluto all’Ente Provinciale Fascista… i presidenti nominati e confermati sceglieranno i propri collaboratori d’accordo con l’Ente Sportivo Provinciale…" Per buona parte l’attrezzatura sportiva veniva requisita per essere collocata in strutture diverse. Spariva anche la fanfara in ragione del fatto che gli strumenti "venivano messi a disposizione" del Comando Federale dei fasci giovanili di combattimento di Modena e Carpi. La Società Ginnastica "La Patria" non cessava di esistere, ma ne era limitata l’attività che doveva rigorosamente attenersi ai nuovi dettami. Poté riappropriarsi del proprio spirito solo dopo la liberazione.
I Festival danzanti, gli spettacoli teatrali, le sottoscrizioni e, da ultimi, il gioco della tombola e le sponsorizzazioni, sono stati i mezzi attraverso cui la Società Ginnastica "la Patria", dal suo nascere, ha tratto le risorse economiche per finanziare la propria attività.
Dorando Pietri, Il grande maratoneta che alle Olimpiadi di Londra del 1908, del quale la città di Carpi si appresta a celebrare il centenario da quel fatidico evento, è uno degli emblemi più significativi della Società Ginnastica di Carpi "La Patria" 1879 (vedi scheda a lui intitolata).
Testimonianze orali di atleti aderenti alla Società Ginnastica di Carpi "La Patria" 1879, raccolte da Luciana Nora.
Bruno Bassoli: - Sono entrato ne "La Patria" nel 1952 su invito di Armando Violi. Per me "La Patria", dopo la mia famiglia, è stata tutto, perché mi ha permesso di allargare le mie conoscenze personali, tecniche/organizzative: mi ha dato l’opportunità di fare formazione e ricevere molte soddisfazioni da più generazioni di giovani. Tuttora continua ad essere un forte stimolo a dare attività. -
Floriano Gallesi: - "La Patria" per me è stata la vita. Io che ero un brutto anatroccolo, ho trovato nella Patria la mia ragione di vita. Sono stato prima atleta nella specialità del lancio del disco e del martello. Ero appassionato di basket e mi era dispiaciuto che in occasione di una crisi economica della società avessero sospeso quella disciplina. Sotto la presidenza di Bruno Burani, fu istituito un circolo ricreativo che, ideato da Walter Galliani, comprendeva anche il Gioco della tombola e la cassa della società si riprese; Nel 1970 con l’inaugurazione della Palestra di Via Ugo da Carpi e con l’appoggio del Presidente riuscii a ripristinare il basket attraverso cui ho avuto tante soddisfazioni e ho coltivato e visto crescere molte generazioni di ragazzi...-
Carlo Alberto Fontanesi (già presidente della Società Ginnastica "La Patria" 1879): - Mi sono avvicinato alla Società Ginnastica La Patria all’età di 15 o 16 anni tramite un amico. La pratica sportiva mi ha aiutato a temprare il fisico, ma mi ha aiutato soprattutto nell’affrontare gli anni più difficili dell’adolescenza. Ho incontrato personaggi come Iginio Battini, Ebro Nicolini, Medici, Alberto Lodi, i quali si occupavano a vario titolo della Sezione Atletica: per me sono stati dei veri maestri. Io ammiravo e cercavo di emulare quelli più grandi di me, alcuni erano atleti adulti dalle notevoli potenzialità e, per questo, ricevevano un’attenzione particolare: erano di esempio e di stimolo. Anche quando ottenni qualche risultato interessante, il mio pensiero andava sempre ai campioni che vincevano le gare di livello superiore o che stabilivano nuovi record e mi impegnavo per migliorare. Crescendo mi resi conto che non potevo diventare un grande campione e, sopravvenendo nuovi impegni di studio e di famiglia, mi ritrovai ad abbandonare la pratica sportiva. Mi è rimasto sempre, oltre al ricordo di anni spensierati e di un ambiente sano e sereno, il rammarico per non essere riuscito a raggiungere gli obiettivi sportivi sui quali avevo fantasticato. Mi viene da dire che forse è stato il mio inconscio a farmi riavvicinare alla Patria dopo oltre 25 anni. Oggi mi appaga il seguire e l’assecondare la passione sportiva nelle giovani generazioni.
Remo Sogari: - Ho iniziato a frequentare La Patria che avevo 11 anni. Venivo la sera da Cibeno in bicicletta tre volte la settimana. Conservo di quell’esperienza un bellissimo ricordo: ero piccolo e frequentare la palestra mi dava sicurezza. In quel contesto mi sono creato amicizie e conoscenze che conservo a tutt’oggi. A diciassette anni, quando la pratica sportiva si è fatta inconciliabile con il dovermi portare a Modena per gli studi, mi è dispiaciuto moltissimo dover abbandonare. Praticavo ginnastica artistica sotto la guida degli istruttori Franco Righi ed Egidio Giovannetti; con quest’ultimo mi ero creato un rapporto di stima, simpatia e amicizia che è proseguito oltre la non breve parentesi ginnastica.
Massimo Campana: - Ho iniziato a frequentare "La Patria" che avevo otto anni e per me è stato un punto di riferimento, un appuntamento da non perdere. Ho iniziato con il basket il mio primo allenatore è stato Alberto Tadolini. Adesso sono io che alleno la squadra junior del Nazareno… -
Libero Vaccari: - La Patria è stata la mia casa, lì mi sono creato delle amicizie che durano a tutt’oggi. Ho iniziato a giocare a basket alla fine degli anni’50. Avevo 16 anni, ho partecipato a parecchi campionati, siamo stati in serie B con l’allenatore Leopoldo Santunione. Sono tanto legato alla pallacanestro che, dopo 45 anni, sono ancora a seguire questa disciplina presso la Società Nazareno che è nata dalla fusione con "La Patria" e che coinvolge circa trecento tra ragazzi e ragazze.
Cesare Paltrinieri: - Per me lo sport è sempre stato il soddisfacimento di un bisogno istintivo. Io dovevo correre, saltare come tutti i ragazzi. Il mio primo istruttore si chiamava Mario Lugli, detto anche Mario d’la Zelmira… Attribuisco all’aver fatto attività sportiva il merito di avermi mantenuto in forma… Fare atletica leggera voleva dire sentirsi un personaggio… Provo per la società ginnastica "La Patria" una riconoscenza enorme… è lì che io ho cominciato ad aumentare la mia autostima… mi ha aiutato moltissimo nella mia formazione: più che educazione fisica è stata educazione in generale, ho imparato a conoscere e ad amare un ambiente in cui c’era amore e solidarietà, c’era anche sincerità…-
Alberto Cavicchioli : Ho un solo hobby: "La Patria", che è la controparte della mia vita privata. Attualmente sono istruttore di lotta greco/romana e di pesistica; in quest’ambito, seguo le giovani generazioni con interesse e affetto e da loro mi attendo e ricevo soddisfazioni.
Armando Violi: - Sono entrato nella grande famiglia della Società Ginnastica "La Patria" nel 1933 che avevo 8 anni; ne sono uscito nel 1943 per il servizio militare in tempo di guerra. Dopo quel periodo non sono più rientrato, perché sono tornato dal fronte con problemi di salute. Praticavo Ginnastica Artistica e i miei istruttori sono stati Romeo Neri, Ruggero Solieri, Otello Ternelli e Arturo Tirelli. Di quest’ultimo conservo un ricordo particolare, perché sotto la sua guida ho partecipato a diverse gare ginniche in giro per l’Italia: Ferrara, Bologna, Firenze, Faenza, insomma si viaggiava e, particolare che in quel tempo di miseria non era indifferente, quando si andava in trasferta si mangiava anche. La Società Ginnastica era un riferimento fondamentale, perché frequentandola sviluppavi oltreché le capacità fisiche, anche le amicizie, le conoscenze: ti aprivi al mondo. La mia era una generazione in cui non eravamo molto alti di statura e ognuno sperava di crescere praticando ginnastica, ma, soltanto quella, è stata una speranza mancata.
Franco Venturini: - Ero giovane quando ho iniziato a frequentare "La Patria" e conservo un bel ricordo, mi sono divertito. Praticavo la scherma e ho avuto come primo istruttore il Cavalier Crimi, il quale, già anziano, veniva da Modena in bicicletta; quando lui ha smesso, è stato sostituito dal maestro Alessandrini. Ci allenavamo anche nei locali delle scuole Ciro Menotti. Con l’inizio della guerra abbiamo sospeso tutto. In quell’ambiente mi ero fatto degli amici: Gianni Bulgarelli, Ferruccio Riva, Andrea Zini, Tino e Alberto Galloni, Benito Filiberti; con quelli che sono rimasti ho conservato un buon rapporto. Tornerei indietro subito.
Andrea Zini: - Ricordo "La Patria come una meravigliosa società sportiva. Io praticavo la scherma ma ho sperimentato anche altri sport, specialmente atletica leggera e mi piaceva misurarmi con gli attrezzi: le parallele, il cavallo, gli anelli… In quell’ambiente mi sono fatto amicizie e conoscenze che conservo ancora oggi. A quel tempo eravamo in tanti a frequentare La Patria, affermerei che là s’incontrava quasi tutta la gioventù carpigiana, eravamo davvero in tanti.
Ercole Losi: - Ho iniziato a frequentare La Patria che avevo sette anni e praticavo Ginnastica Artistica sotto la guida di Franco Righi. A 11 anni sono passato alla Pallacanestro e avevo come istruttore Erio Aguzzoli che, a sua volta, aveva fatto parte de "La Patria Basket". Le mie amicizie più durature sono nate nella palestra de "La Patria"; per me la Società Ginnastica non è stata solo maestra sportiva, ma anche notevolissima maestra di vita. Quella lunga esperienza ha contribuito in modo decisivo alla formazione del mio carattere e ha segnato le mie scelte, tant’è che ho frequentato l’ISEF e sono insegnate di Educazione Fisica: lavoro che mi ha dato e continua a darmi soddisfazioni.
Emilio Barigazzi: - Ho iniziato a frequentare "La Patria" che avevo 14 anni e praticavo la disciplina di Lotta Greco/romana. Avevo come istruttore Tommaso de Pietri. Ho continuato fino a ventiquattro – venticinque anni, quando gli orari del mio lavoro di autista per le autolinee Valenti si è fatto inconciliabile con quello degli allenamenti in palestra. Conservo di quella lunga esperienza un bellissimo ricordo, perché le iniziative erano tante, sebbene le risorse economiche della società non fossero molte: poche risorse ma grande entusiasmo e desiderio di esserci. Là mi sono fatto amicizie che conservo ancora e con gli ormai anziani compagni di palestra c’incontriamo appena è possibile. Gli organizzatori dei nostri incontri sono i fratelli Emilio e Franco Ferrari: abbiamo tanti ricordi in comune e, adesso che siamo in pensione ci vediamo più spesso e sempre con piacere.
Prof. Bruno Goldoni: - Dal 1946 e fino al 1954, sono stato insegnante d’Educazione Fisica presso le Scuole d’Avviamento Professionale "Ciro Menotti" e la Media "Alberto Pio". Ricordo che il cortile delle "Ciro Menotti" era ancora organizzato in maniera autarchica: ovvero era coltivato ad orti e, assieme ai ragazzi, l’ho trasformato in campetto sportivo, approntando una buca per il salto in lungo e in alto, la palla volo, un palco di salita alla fune e una piattaforma per il lancio del peso. D’inverno frequentavamo la palestra "Dorando Pietri" della Società Ginnastica "La Patria"; società che in quegli anni stava faticosamente ricostruendosi dopo il ventennio fascista. Alla fine di ogni anno scolastico, presentavamo un saggio delle varie discipline praticabili in quell’ambiente. In orario extra scolastico, continuavo a seguire quei ragazzi ben disposti verso le discipline ginniche: Fumagalli, Po, Righi, Bassoli, Battini e tanti altri di cui ricordo il volto ma non i nomi. In quegli anni, il Presidente de "La Patria era Giuseppe Marzi. Tra il 1953 e il 1954, sapendo che avrei avuto il trasferimento di cattedra a Modena e quindi dovevo abbandonare l’ambiente, mi ero assunto l’impegno di preparare nuovi possibili giovani istruttori. Conservo di quell’esperienza un ottimo ricordo e, per questo ho continuato a mantenere i rapporti con quanti mi è stato dato conoscere in quell’ambiente, rapporti che durano a tutt’oggi.
Franco Righi: - "Per me "La Patria" è stata una delle ragioni di vita; ho iniziato a frequentarla nel 1946, quando avevo 12 anni e, da allora, non ho mai cessato di dare attività. Ho avuto come istruttori il prof. Bruno Goldoni di Modena, insegnante alla scuola media "Ciro Menotti" e anche presso "La Patria"; è stato lui a suggerirmi di praticare lo sport: sono arrivato alla palestra Dorando Pietri allora e per cinquant’anni ho continuato a salire quelle scale. Mi sono stati istruttori anche Amelio Turci e Giuseppe Paltrinieri. Sono partito come aspirante atleta, quindi ho raggiunto un buon livello tecnico nella disciplina di Ginnastica Artistica. Nel 1960, a ventisei anni, da atleta sono diventato istruttore nazionale e, nel 1962, la Fondazione "Marco Cappelli", mi premiava come migliore istruttore del settore giovanile. Nel 1983, il CONI mi ha premiato con la stella di bronzo al merito sportivo. Nel 1999 la Federazione Ginnastica mi ha assegnato il diploma di benemerenza per cinquant’anni di appartenenza alla Federazione Ginnastica d’Italia. Questi cinquant’anni mi hanno dato moltissime soddisfazioni sportive ed umane. Rivivendo, ripeterei l’esperienza."
Carlo Gabbi: - Ho iniziato a frequentare "La Patria" che avevo 12 anni. Praticavo Atletica Leggera, il mio allenatore era Bruno Bassoli. Mi ero specializzato nei 400 metri. Con me si allenavano Fabio Salvaterra, Eugenio Rossi, Fabio Tonini, Marzio Ligabue, Gianluca Mazzi, Mirco Carretti, Fabrizio Secchi che è stato il terzo italiano a superare gli otto metri nel salto in lungo e ha partecipato ai Campionati Europei di Stoccarda, classificandosi in finale; assieme a questi compagni ce n’erano tanti altri e con tutti mi ero creato un buon rapporto che continua a tutt’oggi. Ho conosciuto mia moglie nell’ambito dell’atletica: insomma quell’esperienza ha segnato in maniera importante la mia vita. Ancora adesso continuo a praticare la corsa e dai 400 metri sono passato alla Maratona, introdotto da Orlando Pizzolato. Ora, nell’ambito de "La Patria", insieme con Luca Filippin, alleno i giovani e giovanissimi che la frequentano.
Roberto Rebecchi: - Ho iniziato a frequentare "La Patria" ad undici anni; ero nella squadra di basket che per me è stata una seconda famiglia. Floriano Gallesi è stato come un padre. Ho avuto come primo allenatore Carlo Pavesi, quindi Ercole Losi. Mi riusciva davvero bene giocare a basket, tant’è che, quale promessa, ero passato alla "Virtus" di Bologna dove sono rimasto per un anno; purtroppo un incidente automobilistico mi ha costretto ad abbandonare quell’iniziale professionismo. Sono rientrato allora ne "La Patria" dove ho allenato la squadra femminile e le maschili giovanili. In quell’ambiente mi sono creato rapporti di amicizia importanti allora ma anche adesso.
Lauro Casarini: - "Avevo 11 anni quando ho iniziato a frequentare "La Patria". Per me è stata un’esperienza importante, perché mi ha aiutato ad integrarmi con l’ambiente cittadino. Erano gli anni ’50, la mia famiglia veniva dalla campagna dove erano mezzadri e mi sentivo un po’ come un pesce fuor d’acqua, la qual cosa mi dava una certa timidezza. L’istruttore Ebro Nicolini mi ha aiutato tantissimo, devo a lui l’inizio di un’integrazione che è passata anche attraverso la pratica sportiva; è stato lui che, incrociandomi sotto il portico di piazza, mi ha fermato e , considerato che ero alto e ben piazzato per la mia età, mi ha invitato a frequentare "La Patria". Il lancio del disco è stata la prima disciplina a cui mi sono avvicinato, quindi il salto in alto, in lungo. Gli impegni scolastici mi hanno costretto ad allontanarmi dalla palestra ma non dallo sport. Da lì ho tratto sicurezza e piacere per l’agone sportiva in generale, tant’è che ancora oggi, seppure su un piano individuale, continuo a praticare sport, traendone soddisfazione e beneficio fisico."
Mario Pergreffi: - Avevo otto anni quando ho iniziato a frequentare la Società Sportiva "La Patria", impegnandomi nella disciplina di Ginnastica Artistica. Il mio primo istruttore è stato Carlo Colombo, poi ho avuto Tirelli, Ternelli, Romeo Neri e Braglia. Per venti anni ho fatto sport, raggiungendo risultati ragguardevoli: ho fatto parte della squadra nazionale di Ginnastica Artistica e, nel 1940 ho partecipato ai campionati di Monaco e Stoccarda. Eravamo in pieno fascismo e quei campionati erano denominati dell’Asse: Italia Germania e Giappone. Conservo di quella ventennale esperienza un ricordo meraviglioso e non solo perché a quel tempo ero giovane, ma soprattutto perché avevo imparato a conoscere le mie potenzialità e questo mi aveva dato una notevole fiducia in me stesso. Oltre alle amicizie interne alla società sportiva carpigiana, me ne ero fatte anche tra quelle di altre città, amicizie e rapporti che ho coltivato sempre: venti anni meravigliosi. Nel 1948, avendo intrapreso la professione di fotografo che mi impegnava anche la sera e i festivi, con grande rammarico ho dovuto abbandonare la pratica sportiva. Proprio come fotografo però, appena possibile, ero presente per assistere e documentare le manifestazioni sportive.
Giuseppe Pecchi: - Il periodo in cui ho partecipato alle attività della Società ginnastica "La Patria" è stato certamente uno dei momenti più appaganti della mia vita sportiva. Non solo perché non avevo ancora vent’anni (era il 1946), ma perché all’interno di essa ho trovato amicizie sincere e disinteressate che poi sono durate sempre. L’attività ginnastica che ho praticato a quel tempo è stata certamente utile al mio sviluppo fisico ma, ancor più utile, dal punto di vista psicologico, è stata la consapevolezza di far parte di un gruppo, di essere parte di una squadra tutta tesa ad ottenere, nel confronta con gli altri, i migliori risultati possibili e non nello spirito della rivalità, bensì di semplice e puro agonismo: è stato certamente questo il più significativo effetto di quella appartenenza. In quel mondo non vi erano né ricchi, né poveri ( La Patria a quel tempo forniva a tutti e gratuitamente il corredo necessario), né privilegiati, né diseredati. Eravamo degli amici, la cui amicizia non ebbe a cessare anche quando alcuni di questi divennero dirigenti d’azienda e, altri, modesti artigiani. Io devo ringraziare per questo mio percorso tre persone verso le quali provo riconoscenza e che qui desidero ricordare espressamente: Amelio Turci e Gianbattista Paltrinieri che, ex atleti della società sportiva e quindi consiglieri, ogniqualvolta mi incontravano per strada, mi fermavano e mi incitavano a praticare atletica; la terza persona che devo ringraziare (terza non certamente per l’ordine di importanza), è Iginio Battini, paziente e tenace allenatore che riuscì ad ottenere da me più di quanto apparentemente il mio fisico poteva dare: Battini mi seguì con tenacia e abnegazione nel lancio del giavellotto, facendomi ottenere, per quei tempi, discreti risultati e, a lui, va tutta la mia stima.
Arialdo Neri: - Sono della classe 1922, e ho fatto parte della fanfara della Società Ginnastica "La Patria"; eravamo circa una ventina e non c’era quasi nessuno che conoscesse la musica. I componenti della fanfara, in genere bersaglieri in congedo, suonavano con i numeri, o meglio: prima imparavano la parte ad orecchio e poi, per non sbagliare la posizione, la caratterizzavano con i numeri. Io ero uno dei pochi che conoscevo la musica, avevo imparato a leggerla a otto anni e suonavo diversi strumenti: me l’aveva insegnata mio padre che suonava la fisarmonica.
Sono entrato nella fanfara sui tredici anni, perché a quel tempo, ancora giovanissimo, suonavo al Festival organizzato da "La Patria" e il presidente di allora, che era Tagliavini, assieme a Verzelloni che rientrava nell’orchestra del festival, mi hanno invitato a farne parte. A dirigere la fanfara, che si esercitava in una stanza sopra alla sala del Festival, era Alfredo Pezzetti, poi è subentrato Verzelloni. Ricordo che andavamo a fare le gite in bicicletta e suonavano andando in bicicletta, con una mano sola, perché erano tutti strumenti diritti; erano molto vecchi e proprio da fanfara. Dei fanfaristi ricordo Guberti, Emidio Po, perché eravamo amici, mentre gli altri erano più anziani. Memorabile è stata una gita a Cortile: ci abbiamo messo due ore ad arrivare, perché ad ogni osteria (e allora ce n’erano molte), si faceva una suonata e poi ci offrivano da bere. C’era l’inno dei ginnasti de "La Patria": lo sapevano tutti suonare a memoria, perché nessuno avrebbe saputo leggere lo spartito che, peraltro, chissà dov’era stato messo. Ho fatto in tempo a suonare qualche anno nella fanfara, perché poi, da Modena, hanno chiesto gli strumenti che non sono più ritornati indietro e, così, la fanfara si è sciolta. Negli anni Cinquanta, in occasione di un torneo di lotta greco/romana che si è tenuto presso il teatro di Carpi, avrebbero voluto suonare l’inno e, siccome io lo ricordavo bene, ho scritto la musica per la banda che è una cosa diversa dalla fanfara: nella fanfara ci sono solo ottoni, mentre la banda si compone di strumenti più complessi come il clarinetto, il flauto, ecc…; in quell’occasione mi pare che abbiano registrato l’esecuzione e, forse, la registrazione è conservata da qualche parte.
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