A cura di Luciana Nora

Il fotografo Mario Pergreffi iniziava la sua formazione presso i Fratelli Gasparini di Carpi. L’impostazione del suo esercizio, essendo per buona parte ambulante, ricalcava quella dei Gasparini, di conseguenza molte delle tematiche sono comuni, specialmente quelle inerenti la storia del costume e, in particolare il ciclo della vita. Ha agito inizialmente nel Comune di Soliera di Modena, producendo una documentazione preziosa che, su segnalazione e concessione del Centro Etnografico del Comune di Carpi, è per buona parte stata stampata ed è entrata a far parte della fototeca del Comune di Soliera dove attualmente è consultabile. Pur non avendo tra i suoi committenti il Comune di Carpi, non mancano dal suo fondo servizi di carattere pubblico. Appassionato di Sport, anche in ragione dell’averlo praticato e avere fatto parte attivamente e significativamente della Società Ginnastica La Patria di Carpi, era divenuto il fotografo ufficiale di detta società. Molto intraprendente, ha saputo raccogliere e rispondere a quelle che erano le esigenze del mercato produttivo locale, dedicandosi a documentare campionari del tessile/abbigliamento e, particolarmente in quest’ambito, il testimone professionale è stato raccolto dai figli Luciano e Luca che a tutt’oggi vi agiscono ad alto livello. Del figlio Luciano, ancora alle prime armi ma già in possesso di una buona capacità tecnica non disgiunta da sensibilità estetica, nonché dell’esserne espressione generazionale, è presente la documentazione degli intrattenimenti giovanili a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, documentazione ampiamente utilizzata nell’ambito della mostra sul tema del Beat a Carpi, realizzata nell’ottobre 2002 e ancora disponibile.
Nel luglio 1976 rilasciava un’ampia testimonianza inerentemente la sua attività che è integralmente sottoriportata.
Fpto Silmar esordio a Carpi
Mario Pergreffi
Foto Silmar - Carpi

Mario Pergreffi, la moglie Silvana, il figlio Luciano e l’inseparabile Princes
“[…] il primo film che ho visto: " Torna a casa Lessi ", mi ha suggerito l'idea di prendere un Lessi. Per prendere questo cucciolo allora ho speso abbastanza ma, con quel cane, credo di aver fotografato quasi tutti i bambini di Carpi. Sì, perché quel Collie lì si era ammaestrato talmente bene, era intelligentissima, non c’era bisogno di dirle nulla ma lei si metteva in posa: era una cosa meravigliosa, stupenda. A pensarci e ci penso sempre, perché mi ha dato una soddisfazione quel ca... ( si ferma perché ha difficoltà a chiamarla cagna ), quella cosa lì che..."

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Mario PergreffiIntervista a Mario Pergreffi di Carpi - Foto Studio Silmar
Data di registrazione : 24/7/1996
Intervista a cura di Luciana Nora

1^ pista

D. " Mi può dare i suoi dati anagrafici ? "
R. " Sono nato a Carpi nel 1922, il 15 febbraio."

D. " Che scuole ha fatto ? "
R. " Ho la licenza di 5^ elementare. "

D. " A che età ha cominciato a lavorare ? "
R. " A lavorare ho cominciato verso i 10 anni… prima ho fatto l’ambulante assieme alla madre di Giorgio Ferrari (Streghino)... vendevano stoffe di fronte all'orologio della piazza. Mio padre non ci teneva che io rimanessi per strada, allora mi trovava qualche sistemazione e io ho fatto tanti mestieri. Sempre nell'infanzia ho fatto l’aiuto calzolaio, poi il biciclista... ho suonato anche il violoncello e poi il contrabbasso poi, sempre impegni giovanili, ho cantato in un gruppo che si esibiva presso il teatro. "

D. " Mi sembra che lei fosse anche un bravo ginnasta. "
R. " Sì, ero un ginnasta, facevo parte della squadra nazionale, nella specialità di ginnastica artistica... ero piccolino ma ero abbastanza prestante... sì, allora ero uno dei migliori ginnasti, perché sono stato anche all'estero anche agli incontri Roma/Tokio/Berlino; sono andato a Stoccarda con la squadra Nazionale ed ho partecipato alle gare. Facevo parte della Società Ginnastica " La Patria " e poi della Nazionale..."

D. " Che lavoro facevano i suoi genitori ? "
R. " Mia madre lavorava al truciolo e mio babbo faceva il sarto. "

D. " Quand'è che si è incontrato con la fotografia ? "
R. " E ' stata una cosa casuale: sono andato da Gasparini a lavorare che eravamo in tempo di guerra, siamo nel '43, prima di essere preso e deportato in Germania. In quel periodo lì però mi sono appassionato ed ho iniziato. Nel ' 45 sono ritornato da Gasparini per qualche mese e poi ho pensato di mettere su uno studio per conto mio ed infatti ho iniziato a Soliera. "

D. " Qual' è stata la sua prima macchina fotografica ? "
R. " La " Balda " che l'ho ancora; era una macchina tutta manuale, un lavoro pietoso che allora poteva costare 3-4 mila lire, non è che fosse tanto... Avevo anche una Super Ikonta 6x9 che, quella, allora, mi è costata 35 mila lire. Allora le fotografie costavano 12 lire."

D. " E' stato un incontro casuale ma è stato un amore a prima vista quello che ha avuto con la fotografia ? "
R. " Mah, allora non era come adesso, non ci si poteva permettere di dilettarsi in fotografia. Sì, mi piaceva la fotografia, io avrei voluto andare su un piano più artistico ma, ed è stata una fortuna sotto l’aspetto economico, non ho avuto il tempo per dedicarmi ad una specializzazione, perché il lavoro era troppo. Il mio hobby era quello di acquistare apparecchiature nuove appena me lo potevo permettere, perché questo perfezionare la strumentazione ed essere all’avanguardia mi faceva sentire tranquillo rispetto ad una eventuale crisi. "

D. " Questa cosa le è piaciuta subito ed ha capito che poteva essere un mestiere ? "
R. " Esatto. fatta questa prima esperienza da Gasparini, mi sono messo in proprio a Soliera dove ho fatto tirocinio. "

D. " Com'era il suo lavoro a Soliera ? "
R. " Ho acquisito i miei clienti perché sono piaciute loro le mie foto, non ho fatto propaganda come posso fare attualmente. A Soliera sono diventato un discreto ritrattista, perché a Soliera bisognava fare di tutto... come i Gasparini andavano nel parco a Carpi, io andavo nel parco a Soliera e facevo le foto... sì, come facevano una volta. "

D. " Com'è che lei ha pensato a Soliera? "
R. " Tramite Gasparini, ho sentito che, a Soliera, c’era uno studio vuoto e allora ci sono andato..."

D. " Quel lavoro le permetteva di vivere dignitosamente o si faceva fatica ? "
R. " No, molta, ma molta fatica... un pizzico da una parte, un pizzico dall’altra ma, lì, bisognava fare molti sacrifici, perché abitavo a Carpi e tutte le mattine andavo a Soliera in bicicletta le prime volte e ritornavo la sera; poi ho preso un motorino, poi la Vespa e poi, dopo 8 anni, sono venuto a Carpi. "

D. " In questo suo primo studio fotografico che apparecchiature aveva ? "
R. " Beh, disponevo di una macchina foto/tessera 18x24, quelle tradizionali di allora e, per uscire, avevo la Balda che ho tuttora e che l’avevo venduta ed ero talmente pentito che, per riaverla, a questo che me l’aveva comprata, ho dato una macchina nuova; poi avevo quella 6x9. Avevo una camera oscura con un ingranditore Durts bi/formato, era molto piccola, sarà stata 1 metro e venti per due. "

D. " Chi l’aiutava in questo lavoro ? "
R. " Nessuno. "

D. " Sua moglie ? "
R. " Mia moglie era a Carpi. In principio mi ha aiutato poi, siccome questa attività non rendeva per due, lei è andata a lavorare in un maglificio ma a quel tempo non eravamo ancora sposati. "

D. " Dopo 8 anni di lavoro a Soliera, sicuramente lei si era inserito nell’ambiente, aveva imparato a conoscere le persone ? "
" Sì, tante, perché in un paesino così si fa presto a conoscere le persone; mi volevano bene anche se i Solieresi vedevano i Carpigiani come spine negli occhi, però, forse per il mio carattere socievole, mi hanno voluto bene..."

D. " Com'è che decide da Soliera, di venire a Carpi ? "
R. "Io ho sempre avuto l'idea di venire a Carpi, ma io ho usato quei 7 - 8 anni per perfezionarmi, non mi sentivo ancora all’altezza di venire a Carpi; quando mi sono sentito pronto per competere con gli altri colleghi, solo allora ho avuto la forza e non ho avuto problemi per quanto riguarda la clientela ed ho fatto abbastanza presto ad inserirmi. "

D. " Impiantare un'attività a Carpi, seppur piccola, cosa comportava ? "
R. " Io ho fatto diversi debiti, solo l’affitto che era di 300.000 lire che, allora, erano tanti, poi tutta l’attrezzatura... che , gradualmente, ho adeguato ai sistemi moderni di allora. "

D. " A Carpi quali erano i concorrenti più difficili con cui competere ? "
R. " Io non guardavo nessuno... nemmeno concorrenza, ognuno faceva i propri prezzi..."

D. " Carpi era una piazza abbastanza coperta da fotografi..."
R. " Allora sì... c’era Becchi, Sgarbi, Siti, Gasparini, Boni, Iotti... poi c’era una masnada di fotografi ambulanti che non erano in regola."

D. " Quindi non doveva essere facile inserirsi su una piazza abbastanza..."
R. " Si ma, a Soliera, io avevo un contratto di 9 anni e, dopo 7 anni e mezzo io mi sono apprestato a venire via ma, in un primo tempo, ho tenuto anche Soliera; nei giorni di mercato e quando mi richiedevano, andavo a Soliera e, altrimenti, ero a Carpi. "

D. " Quindi lei, in un primo tempo, ha tenuto i piedi su due staffe. "
R. " Sì, sì, non proprio per timore... fin qua sono sempre riuscito a guardare avanti ed ho indovinato... Io ho dato e investito tutto nel lavoro a differenza di altri che hanno fatto scelte diverse... Ho sempre acquistato e rimodernato l’attrezzatura... Il primo Mini-Lab qua nella zona l'ho preso io. Il Variograd, che costava allora 3 milioni e rotti che mia moglie, di questi debiti che facevo per l’attrezzatura, aveva anche paura. Ho sempre fatto debiti per ammodernare; la più bella soddisfazione era quando cancellavo le tratte... solo che immediatamente dopo ricominciavo. Io per l’attrezzatura sono sempre stato nei debiti e, tuttora, mio figlio , che è uno dei fotografi più quotati, adopera attrezzatura che avevo comperato io anche trent'anni fa, perché le Hasselblad non invecchiano mai, sono sempre manuali... sì , adesso ci sono anche le automatiche ma, per un professionista, avere delle macchine automatiche non è il meglio , perché deve lavorare con la testa e non con cellule..."

D. " Il suo primo negozio a Carpi dov'era ? "
R. " Era tra piazza Dante e Viale Carducci. Io sono sempre stato in quella zona lì."

D. " Quindi avevate quasi una spartizione di territorio, perché c’era la passeggiata alla stazione e quella al parco..."
R. " Sì , le passeggiate della stazione che io, alla domenica, mi appostavo lì... ma non avevo poi tanto tempo dato che, sempre alla domenica, da solo, facevo tre matrimoni, poi tre al sabato... io ho fatto la media di circa 16 - 17 ore al giorno di lavoro per vent'anni, senza far ferie, lavorando dal lunedì mattina sino alla domenica sera.
Sembra di dire un'esagerazione ma il mio lavoro, per tanti anni, comportava che io dormivo cinque o sei ore al giorno: due dopo pranzo e tre di notte. Anche mia moglie ha fatto così. Io cominciavo il lunedì mattina e avevo tutti i residui della settimana precedente, oltre ai matrimoni facevo anche i santini da morto e i servizi per i funerali, le veglie danzanti del sabato sera per cui ero impegnato dalle 10 di sera fino alle 4 - 4 e mezza di mattina, con un flash a tracolla di 20 chili. I santini comportavano la riproduzione, lo sviluppo, la stampa che, con il Variograd, facevo anche abbastanza presto a stamparli... dicevano : - Mille fotografie all'ora - e non era proprio così. "

D. " Era una specie di automatico ? "
R. " E' un automatico... bisognava sempre battere i tasti, bisognava sempre attendere alla macchina... poi, ritornando a prima, dopo i matrimoni domenicali, avevo sempre degli appuntamenti presso le abitazioni perché allora era costume fotografare i compleanni... poi c’erano le foto/tessera che, quelle, le faceva anche la Silvana. Perché mia moglie, quando sono venuto a Carpi, è venuta a lavorare con me. "

D. " Sua moglie avrà anche lei imparato a sviluppare ? "
R. " Lei sviluppava solo le fotografie mentre allo sviluppo del negativo ci pensavo io... lei pensava alla stampa, al fissaggio e al lavaggio delle fotografie... Allora esistevano degli acidi che non erano rapidi come quelli attuali, allora ci volevano dei 10 - 15 minuti di fissaggio, per il lavaggio occorreva anche un'ora. Dopo sono venute le lavatrici ad acqua ma, prima, nelle bacinelle..."

D. " Quindi era un lavoro pesante ? "
R. " No pesante, ma richiedeva molto tempo. Sempre al buio..."

D. " Quindi sua moglie l’aiutava in camera oscura ? "
R. " Si, in camera oscura e, in più, aveva il negozio dove curava le consegne e gli ordini ..."

D. " Mi sbaglio o avevate anche una commessa ? "
R. " Ma delle commesse ne ho avute due o tre. Erano poi commesse da banco, non è che facessero altre cose, magari frastagliavano le fotografie, insomma erano a contatto con il pubblico. "

D. " Frastagliare significa che c’era una dentellatura nel bordo della fotografia ? "
R. " Esatto... costumava così, dipendeva anche dal formato: il bordo era liscio negli ingrandimenti la frastagliatura si faceva fino al 18x24... era una taglierina frastagliata... penso di averne ancora una 13x18 ... Ma ogni tanto sparisce qualcosa. Io conserverei anche gli spilli ma mia moglie no. Anche le macchine fotografiche, io mi affeziono alle cose e infatti, per la prima macchina, quando l'ho venduta, sono stato male ma poi sono riuscito a riaverla: anche per una Super Ikonta è successo che l’avevo venduta e poi mi sono pentito e ho cercato di riaverla, gli ho chiesto di fare un cambio anche con una che valeva di più ma non c’è stato niente da fare; mancandomi quella macchina, mi mancava qualcosa e per anni sono andato a mostre e mercati dell'usato per vedere di trovarne una uguale, perché mi mancava veramente. Infatti, l’altro anno, l'ho trovata ed ora ce l'ho lì che l’adoro come se fosse la mia che ho venduto. "

macchina fotografica Ikonta

D. " C’è difficoltà a passare da una macchina fotografica ad un'altra ? "
R. " No, non ci sono difficoltà, perché quelle professionali erano per la maggior parte manuali e, quindi, c’era solo da lavorare sulla gamma delle velocità e sul diaframma..."

D. " Io ho visto tra i suoi negativi che una di queste sue commesse, viene utilizzata anche come modella. "
R. " Sì, perché quando portavano dei capi d'abbigliamento, invece di utilizzare un manichino, utilizzavo la commessa che avevo lì. Allora non c’erano le esigenze attuali. "

moda
moda
moda
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D. " Ma lei aveva una commessa abbastanza graziosa "
R. " Sì, sì, tutte e due, anzi ne ho avute tre di commesse e tutte carine. "

D. " Quando assumeva una commessa teneva presente questa possibilità di lavoro ? "
R. " Ma Dio, c’è che, anche se pare inverosimile, ma nel nostro mestiere occorrono delle belle ragazzine, perché la presenza conta ma la presenza deve essere accompagnata dalla scioltezza e all'intelligenza, altrimenti è meglio una brutta purché abbia queste caratteristiche, perché la bellezza da sola non conta anche se è importante. "

D. " Quand'è che lei inizia a fare i primi servizi di moda ? "
R. " Beh, bisogna precisare che quelli che noi adesso chiamiamo servizi di moda, allora non erano servizi di moda. Adesso è molto diverso. Allora magari avevano una ragazza in fabbrica oppure la trovavo io, ma era una ragazza locale e quindi senza esperienza che avrebbero avuto bisogno di un po' di disinvoltura ed invece erano tutte rigide che si faceva una fatica enorme. Quello che interessava era il capo d'abbigliamento più che le modelle. "

D. " Qual' è stato il suo primo cliente ? "
R. " Non rammento bene... dei maglifici, se non il primo il secondo, è stato Severi, poi il maglificio " Palma "..."

D. " E il maglificio " Miriam " poi " Carma " ? "
R. " No, adesso non so, ma credo di aver fatto qualcosa anche con la Carma... ma ce ne sono tanti e ora non rammento tutti i nomi ma Severi è stato uno dei primi."

D. " Rendevano bene questi servizi ? "
R. " Allora, tiravano molto sul prezzo e non c’era interesse, perché ho avuto delle esperienze che anche per maglifici grossi dove sono andato a contrattare con le mogli, mi hanno " tirato il collo " e poi , quando c’era da pagare, me lo ritiravano e, quindi, questo servizio, non lo sentivo, non mi piaceva lavorare con persone che mi tiranneggiavano che, se potevano, sfruttavano al 1000/1000 e non al 100%... Era un brutto lavorare per cui io non ci tenevo: avevano delle esigenze e ti trattavano come l'ultimo arrivato... Il primo servizio credo di averlo fatto con la " Palma " che avevo un'attrezzatura meravigliosa, comperata apposta per fare quel tipo di lavoro; avevo allestito una camera oscura sul posto e lì, per la prima volta, ho avuto a disposizione una fotomodella professionista e mi sono divertito e, infatti, si sono complimentati per quel servizio. "

D. " Che attrezzatura aveva ? "
R. " Lì avevo già l’Hasselblad... L’Hasselblad per me, tutt'ora è tra le macchine migliori e, all'epoca, era praticamente l'unica. "

D. " E il passaggio dal bianco/nero al colore ? "
R. " Il passaggio dal bianco/nero al colore, per me non è stata una cosa tanto bella, perché la qualità del fotografo si vede nel bianco/nero dove giochi con le mezze tinte e hai a che fare con un sistema più reale; nella fotografia a colori, nelle prime fotografie, i colori erano falsati, ad esempio, il color pelle: una volta sembravano asiatici, un'altra pellerossa... sì, ho avuto difficoltà a passare al colore dato che non vedevo mai la fotografia al reale. Un fotografo, anche se impiegava tutta la sua esperienza, il laboratorio falsava tutto e il risultato non era rispondente agli intenti del fotografo. "

D. " La stampa non la effettuavate voi ? "
R. " No, no, lì c’erano solo i laboratori che erano dei grandi complessi che potevano permettersi di investire delle cifre enormi per le attrezzature. "

D. " Quindi il colore, all'inizio, è stata una delusione ? "
R. " Sì, molto, molto. Adesso ci sono laboratori che lavorano bene, che sanno leggere bene il negativo e, la tinta base, il loro riferimento è il color carne: se il viso ha il colore giusto, tutti gli altri colori hanno la tonalità giusta. "

D. "Quanti anni è stato nel negozio tra piazzale Dante angolo Carducci ? "
R. "Nel '75 sono andato, sempre in viale Carducci, nella Casina di fianco al condominio (viale Carducci -via Bellentanina), poi, dopo circa quattro/cinque anni, ho acquistato il negozio di fianco e, dopo tre anni , ho preso quell’altro. "

D. "Il secondo negozio lei lo ha acquistato ? "
R. " Sì "

D. " Quindi era un allargarsi significativo ? "
R. " Sì, molto, molto... sì, perché, in primo tempo sono andato lì in affitto poi, quando mi hanno dato lo sfratto, dopo tre anni che ero dentro e con le spese che avevo affrontato, per me quello era quasi una disgrazia e non avrei saputo come fare...poi ho sentito che i proprietari lo volevano vendere ed io, che avevo il diritto di prelazione, l'ho comperato, facendo sempre dei debiti. Sì, io sono sempre andato avanti a forza di debiti."

D. "Però a forza di debiti si è creato un mezzo impero dal punto di vista della fotografia ? "
R. " Beh, sì... tuttora ne ho ma, in proporzione ai debiti, vale più il capitale che il debito. "

D. " Quindi il debito è assicurato ? "
R. " Sì, io non ho fatto come altri, nessuno è riuscito a sostenere 5 o 6 dipendenti come ci sono nella mia azienda. Io ho sempre guardato avanti in fatto di idee e, fin qua, ho indovinato. Forse la condizione economica degli altri è meglio della mia ma, ad ogni modo, sono contento di quello che sono riuscito a raggiungere e reputo questo un traguardo abbastanza soddisfacente. "

D. " Questa esigenza di allargarsi da che cosa nasceva ? "
R. " L'esigenza di allargarsi nasceva dal fatto che mio figlio Luciano, facendo moda, la sala di posa che avevo a disposizione prima era piccola e allora si trattava di scegliere se prendere un piccolo capannone oppure, dato che c’è stata la combinazione, abbiamo acquistato lì appresso... Adesso in uno di questi negozi abbiamo collocato la S.I.P. "

D. " Lei ha due figli e, tutti e due, adesso, lavorano con lei, entrambe si sono creati uno spazio all'interno dell’azienda..."
R. " Sì, sono due gioielli. "

D. " Lei sperava che la affiancassero oppure per loro pensava a qualche professione diversa ? "
R. " Pensavo ad una cosa diversa. Se mi avessero chiesto un parere, io li avrei proprio sconsigliati, perché le ore che ho fatto io, i sacrifici che ho affrontato e che ancora adesso si devono fare... Però, io non so come è successo, tra i miei figli [Luciano e Luca] c’è una distanza temporale di 19 anni uno dall’altro e, il primo, che ha frequentato fino al terzo anno del liceo scientifico, poi si è stancato e io non so se questo sia dipeso dal fatto che vedeva la possibilità di affiancarmi, non so... sta di fatto che tutti e due hanno fatto così, tutti e due hanno sospeso gli studi al terzo anno del liceo scientifico poi si sono messi a fare il mestiere di fotografo. Io, quando sento dire: - Mio figlio è avvocato, mio figlio qua, mio figlio là - provo un po’ di rammarico ma, tutto considerato, forse, è stato meglio così.
Ma, io vedo adesso, mio figlio Luciano conosce tre lingue, sono 25 anni che lavora all'estero, gira da una parte e dall’altra e conosce il francese, l'inglese e riesce a disimpegnarsi anche con altre lingue ed è una cosa meravigliosa. "

D. " Suo figlio quando ha cominciato a lavorare con lei come ha iniziato, aveva già il mestiere ? "
R. " Ma c’è una faccenda da dire: io non so come, ma si vede che un ragazzino, quando sta in un ambiente, automaticamente apprende senza che il genitore stesso se ne accorga e anche senza saperlo lui stesso, perché avviene qualcosa di istintivo e, tutti e due i miei figli, quando hanno sospeso gli studi, entrati nell’attività, dopo 15 - 20 giorni, erano già in grado di fare servizi fotografici, insomma hanno fatto tanto presto che mi sono meravigliato. Si capisce che io ero presente e correggevo i loro errori e, tuttora , sotto l’aspetto fotografico, i miei figli mi chiedono consigli e tutte le fotografie che fanno me le sottopongono e, se rilevo qualche errore, dò loro dei consigli anche se ritengo che, fotograficamente parlando, siano superiori a me, però loro hanno fiducia in me e ci tengono ad un mio giudizio. "

D. " Lei è stato il maestro. "
R. " Beh, senz'altro, anche se involontariamente ma sono stato il maestro, ho sempre dato consigli. Io ho sempre cercato di tenermi aggiornato e di perfezionare le mie conoscenze tecniche ma adesso, anche leggendo, non si incamera più e, quindi, lascio che siano loro a leggere e sono sempre aggiornati e la nostra impresa è la migliore che esista sul mercato, è stupenda, meravigliosa."

D. " Io mi ricordo di lei che ero ancora bambina e mi ricordo anche dei Gasparini: i Gasparini si contraddistinguevano per le loro moto, di lei mi ricordo per via di un cane. "
R. " Sì, infatti c’è da dire che i Gasparini si potevano permettere le moto dato che allora avevano una certa solidità alle spalle... io, quando sono partito, che non potevo permettermi... il primo film che ho visto: " Torna a casa Lessi ", mi ha suggerito l'idea di prendere un Lessi. Per prendere questo cucciolo allora ho speso abbastanza ma, con quel cane, credo di aver fotografato quasi tutti i bambini di Carpi. Sì, perché quel Collie lì si era ammaestrato talmente bene, era intelligentissima, non c’era bisogno di dirle nulla ma lei si metteva in posa: era una cosa meravigliosa, stupenda. A pensarci e ci penso sempre, perché mi ha dato una soddisfazione quel ca... ( si ferma perché ha difficoltà a chiamarla cane ), quella cosa lì che..."

il Collie Kiss posa insieme alla bimba


D. "Quindi quel cane oltre alle implicazioni affettive che sono subentrate dopo, è stato un investimento aziendale."
R. "Esatto... perché io non avevo una casa con il giardino per potermi permettere un cane di quella taglia e, in un condominio... invece lei, poverina era docile, non abbaiava, era una cosa meravigliosa, infatti anche i coinquilini la adoravano, perché... non ci sono parole, sì, uno si commuove. Perché mi ha dato delle soddisfazioni che..."

D. "A Carpi un cane così non si era mai visto . "
R. "Ecco, ecco, è lì la faccenda! Perché, per quel motivo, tutti venivano. Io, penso di averla pagata 25.000 lire allora, e pochi avevano la possibilità di spendere 25.000 lire per un cane. Questo cane ha fatto un pieno di furore. "

D. "Certo che questa è stata una bella intuizione commerciale ! "
R. "Sì, sì. Morto quel cane ho avuto altre idee, avevo pensato di sostituirlo anche con una scimmietta ma poi ho temuto che potesse essere pericolosa e ho desistito..."
( fine primo nastro )

( Inizio secondo nastro )
D. "Mi ricordo che in occasione dell’apertura dell'ultimo negozio, lei mi chiamò a visitarlo ancora con i lavori in corso "
R. "Sì, quello poi è stata un'ideazione di mio figlio realizzata tramite un architetto."

D. "In che anni siamo ? "
R. "Mi sembra nell'83, ma non sono sicuro... ma circa lì. "

D. "Lei fotografa ancora ? "
R. "No, no. non fotografo perché penso si debba fare largo ai giovani. Adesso il mercato esige i giovani. Avrei potuto seguitare a fotografare se avessi avuto uno spazio per gli anziani, beh, no, a parte gli scherzi... adesso, con tutte quelle parole in inglese, io le leggo in un modo che mio figlio mi riprende sempre... quindi, onde evitare certi errori, insomma, non mi trovo più... Potrei anche dire di fare lavoro di studio, ma se un fotografo non si tiene allenato, è spacciato : bisogna sempre rimanere aggiornati, sempre, sempre, sempre e se uno smette un pochino, perde il passo. "

D. "Quand'è che lei ha smesso di fare foto ? "
R. "Sono già sei o sette anni . "

D. "Sente nostalgia o...? "
R. "Ma no, non sento nostalgia, perché, a dir la verità, di tutte le fotografie che ho fatto, se uno mi chiedesse di individuare le migliori, non riuscirei, non esiste la fotografia migliore. Io mi sono sempre criticato e non sono mai riuscito ad ottenere quello che avrei voluto. "

D. "Quale era un suo modello di riferimento ? "
R. "No, non c’era... io poi adesso non saprei dire, perché non riesco a ricordare i nomi, sotto questo aspetto sono una frana... Avevo una gran simpatia per Fra Soldati di Modena e... (forse Orlandini) era in principio di Sant'Agostino..."

D. "Cos'era nelle sue fotografie che non la soddisfaceva ? "
R. " Bisogna precisare che, avendo sempre avuto ritmi di lavoro intensi, ho sempre fatto delle fotografie standard. ho cercato di migliorare la produzione standard ma non potevo dedicarmi ad un certo tipo di fotografia come ad esempio fanno quei tanti che espongono... anche se molti li reputo dilettanti, perché vedo esposte foto che io non mi attenterei ad esporre, perché io sono troppo esigente nella fotografia. Delle foto esposte nelle mostre ce ne sono poche che mi piacciono. "

D. " Quanti ragazzi sono venuti presso di lei ad imparare il mestiere ? "
R. " Ce ne sono stati 15 o 16. "

D. " Tra questi 15 o 16 ragazzi, quali si ricorda in particolare perché sono stati bravi nell’apprendere il mestiere ? "
R. " A dir la verità, quelli che sapevano di più sono rimasti... Orlando è molto bravo, quando è andato via sapeva proprio fare il fotografo. "

D. " Lei attualmente ha un ragazzo eccezionale , Vanni Borghi ..."
R. " Ma sono tutti eccezionali, sì. "

D. " Io ho l'impressione che lei sia stato fotografo ma anche, ed in buona dose, imprenditore per il suo modo di portare avanti un'attività commerciale ... È una domanda che le faccio perché io la vedo ancora attivo. "
R. " Ma, vede, io sono sempre imprenditore, anche se anagraficamente ho una certa età, quell'età io la cancello e sono sempre disposto a migliorare, a rimanere nel gioco ricorrendo a rinnovamenti e a fare tutto pur di rimanere al passo. Sono sempre imprenditore. "

D. " Lei ha due figli che sono in attività con lei, avete degli spazi autonomi ma le redini..."
R. " Ce le ho io, sì, perché sono bravi ragazzi, ma nella parte commerciale ci sto io; poi smettendo di fare il fotografo mi sono dedicato proprio alla parte economica. Seguo le fatture, calcolo i guadagni... Quando devono acquistare attrezzature nuove, prima, si rivolgono sempre a me. Fin qua sono io, sono io insomma. "

D. " E questo la fa sentire ancora sulla cresta dell'onda ? "
R. " Sì, sì. "

D. " E l’aiuta a rimanere..."
R. " Sì, sì, mi aiuta a rimanere giovane. "

D. " Anche sua moglie vedo che non rinuncia al negozio. "
R. " Esatto, perché, sì, siamo due attivissimi ancora e ci rincresce quando non possiamo essere sul posto di lavoro : mia moglie in negozio ed io in ufficio. "

D. " Guardando la sua vita a ritroso, in questo momento cosa prova ? "
R. " Provo, penso, la stessa sensazione che poteva provare un condottiero (ride) e vincente, sì."

D. " Le piace aprire la " bottega " ? "
R. " Eh! sì, sì. Se potessi ne aprirei dappertutto dei negozi. "

D. " Vedo che lei è presente anche il giovedì che è giorno di chiusura. "
R. " Eh, ma io ci sono sempre !"

D. " Non abbassa mai la guardia ? "
R. " No. Io ogni tanto vado a fare qualche viaggio ma, specie negli ultimi giorni in cui sono via, ho già la testa in negozio. Tutti e due, anche mia moglie."

D. " Quindi si sente realizzato ? "
R. " Sì. "

D. " Cosa vorrebbe ancora ? "
R. " L'unica cosa che lamento è che si fa fatica andare avanti, perché le spese sono troppe ( ride ).

D. " Però adesso non è più solo la fotografia ? "
R. " No, adesso è commercio, abbiamo fatto tante piccole branchie, tante linee...Quando uno è dentro al mercato, deve calcolare che se un settore va male, l’altro deve bilanciarlo per cui bisogna sempre evolversi e sostituire le linee che non vanno più: alcune volte ci si può rimettere, altre ci si guadagna e sono calcoli che bisogna fare consapevoli che " chi si ferma è perduto ". "

D. " Lei non si è mai confrontato con la cinepresa ? "
R. " No, anzi, io la cinepresa l'ho sempre odiata. "

D. " Perché ? "
R. " Non lo so. anzi, c’è da dire che con la cinepresa si possono fare trucchi...Lei parla di film ? "

D. " No, io sto parlando del fatto che c’è stato un periodo in cui.."
R. " Il boom della cinepresa, non mi ci sono mai confrontato. No, non mi diceva niente... Ci sono cineamatori che hanno prodotto cose molto valide ma, a me, la cinepresa... le ho vendute ma non mi hanno mai catturato. Una pellicola è un bel ricordo...ma io vedo che tutti quelli che hanno fatto filmine adesso le riversano in videocassetta ma poi non le guardano mai. La fotografia invece, ogni tanto ti viene sottomano, un album fotografico può contenere tutta la vita di un individuo. Una filmina , che peraltro allora era molto costosa, contiene un momento: si guarda e poi si mette lì e per rivederla bisogna approntare un proiettore, lo schermo, sì, non si fa. Invece la fotografia, sì, prima o poi, ti capita tra le mani. Adesso con i video è una cosa più soddisfacente...ma la fotografia è qualcosa di diverso e io lontano dalla fotografia non ci sono andato, non mi interessa. "

D. " Adesso tutto si è computerizzato. Il suo rapporto con il computer ? "
R. " Beh, mi diverto, sì, mi diverto. E' un giocattolo che dà delle soddisfazioni, mi piace. "

D. " Ha fatto fatica ad entrarci dentro ? "
R. " Ah beh, Io lavoro in certi limiti: faccio al massimo carico e scarico e, adesso che ho cambiato tutti i computer e c’è un sistema diverso , io lascio lì."

D. " Getta la spugna ? "
R. " Ma, sì. Sì, su quel coso lì sì, sì, i miei figli non vogliono più che mi interessi di quella cosa lì e io faccio tutti i miei calcoli a mano..."

D " Un'ultima cosa: Io ero in buonissimi rapporti con Umberto Becchi il quale mi faceva vedere foto di pranzi o cene tra fotografi. C’è ancora questo senso di appartenenza alla corporazione ? "
R. " No, no. Qui a Carpi un tempo si andava benissimo, avevamo un rapporto stupendo tra fotografi. Io e mio figlio ci interessavamo, organizzavamo e poi, per questioni di concorrenza, malintesi relativi al listino prezzi...insomma per una stupidaggine ci siamo rotti... Avevamo l’abitudine che ogni anno ci trovavamo in un ristorante e facevamo una cena a livello provinciale e Becchi che era uno dei più vecchi, c’era sempre, abbiamo sempre fatto baldoria. Dopo c’è stato un disguido nell’associazione e così non c’è più associazione e non c’è più niente ed ognuno fa per proprio conto. Siamo rimasti in tre o quattro colleghi amici e tutto il resto si è dissolto e non c’è più nulla di disciplinato: ognuno fa a suo modo."

 

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