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La cerimonia si terrà lunedì 6 marzo presso l’area verde dell’Istituto Meucci

Nella mattinata di lunedì 6 marzo a Carpi nell’area verde delle scuole secondarie di secondo  grado ‘Meucci’ verranno piantati tre alberi a ricordo di Felicia Impastato, Malala Yousafzai e Solita Alizadeth, Giusti nel Mondo. L’iniziativa di lunedì prossimo, che prenderà il via alle ore 11, è la seconda promossa dal locale Comitato Scientifico del Giardino dei Giusti nel Mondo nominato nel 2015 dal Sindaco Bellelli.
I Giusti sono tutti coloro dei quali, in coerenza con l’idea del Giardino dei Giusti ricavato presso il Museo di Yad Vashem a Gerusalemme (dove sono presenti anche don Sala e Focherini), si ricordano l’attività e il sacrificio personale nella lotta ai crimini e alle discriminazioni commessi nel mondo contro l’umanità.
Nel corso della breve cerimonia interverranno il Sindaco Alberto Bellelli, Annalisa Melodi del Comitato Scientifico carpigiano dei Giusti nel Mondo e il Dirigente scolastico del ‘Meucci’ Teresa De Vito, oltre ad una rappresentanza degli alunni dell’istituto, che accompagneranno la cerimonia con letture a tema.

FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO (Cinisi, Italia 1916-2004)
“Io devo difendere mio figlio, politicamente, lo devo difendere. Mio figlio non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise. Un figlio che glielo diceva in faccia a suo padre: ‘Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto…Fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro’… Si fece ammazzare per non sopportare tutto questo”. “La mafia non si combatte con la pistola ma con la cultura”.
Parole di Felicia Impastato, madre di Peppino, una mamma coraggio che ha sposato gli ideali del figlio e con incredibile forza ha lottato per trasmetterli.
Il 9 maggio 1978 Peppino Impastato viene assassinato dalla mafia. E’ da quel momento che la madre Felicia decide di gridare al mondo i nomi e i cognomi di quelli che lo hanno ucciso. Negli anni troverà qualcuno disposto ad ascoltarla: Rocco Chinnici. Il magistrato riuscirà a ribaltare le conclusioni frettolose dei suoi colleghi sulla morte di Peppino, ma il 29 luglio 1983 verrà fatto saltare in aria. Felicia ne piange la morte, ma non si arrenderà mai.  Felicia Bartolotta, infatti, primo teste nel processo a Tano Badalamenti, il 25 ottobre 2000 – ventidue anni dopo la morte di Peppino - riuscirà a dire in faccia al boss “Tu hai ucciso mio figlio”.

MALALA YOUSAFZAI (Mingora, Pakistan 1997)
“[..]Lasciateci ingaggiare dunque una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo.”
Tratto dal discorso di Malala alle Nazioni Unite, palazzo di Vetro di New York, del 12 luglio 2013 (giorno del suo sedicesimo compleanno)
Malala Yousafzai è una giovane pakistana che vive con la sua famiglia nella valle dello Swat, a lei, come alle altre bambine, i talebani hanno vietato di frequentare la scuola, di ascoltare musica, di guardare la televisione. Nel 2009, allora dodicenne, inizia la sua battaglia per il diritto all’istruzione e per la liberazione dei diritti delle donne e dei giovani: crea un blog che diventa in breve tempo virale, una voce importante in un mondo oppresso e chiuso dai pregiudizi.  
Il 9 ottobre 2012 viene gravemente colpita alla testa e al collo da uomini armati saliti a bordo del pullman scolastico che la riportava a casa da scuola. Grazie all’immediata disponibilità di un ospedale inglese, che si offre di curarla, sopravvive all’attentato.
Malala, però, non si chiude nel silenzio – tanto desiderato dai talebani-attentatori -  ma trova la determinazione per continuare la sua campagna, ritagliandosi un inedito ruolo come sostenitrice per ragazze e bambini di ogni parte del mondo privi di scuole o di istruzione, senza nessuna paura, esattamente come prima dell’attentato.

SONITA ALIZADEH (Herat, Afghanistan 1997)
“Sono cresciuta in un paese dove la mia personalità è sempre stata torturata a causa del mio genere, mi sentivo una donna invisibile e ho scritto la canzone per dire: - Io esisto, ho una voce, sono proprio come voi”.
Tratto dall’intervista con la giornalista Alessia Arcolaci di Vanityfair del 22/10/2015
Sonita, ormai ventenne, vive oggi negli Stati Uniti ed è la più giovane rapper (donna) afghana, che si è salvata dal suo destino di sposa –bambina anche grazie alla musica. ‘Dokhtar Forooshi (Spose in vendita)’ è il brano con cui ha gridato la sua rabbia e ha denunciato questa piaga che colpisce milioni di bimbe.
Dopo essere fuggita, ancora piccola, dall’Afghanistan, si trasferisce in Iran, ma anche per lei, si prepara un futuro di sposa - bambina. Un giorno, ad appena dieci anni, la madre viene a farle visita per riportarla in patria, deve essere venduta in sposa a un uomo molto più vecchio di lei. Fortunatamente riesce a evitare tutto questo, ma sei anni dopo si ripresenta il problema. La famiglia ha bisogno di soldi per permettere al fratello di sposarsi e comprare a sua volta una moglie: Sonita in cambio di 9000 dollari.
E’ in quel momento che decide di non rassegnarsi al suo destino di donna afghana. Vuole far sentire la sua voce e affermare la sua esistenza: comincia a scrivere poesie e canzoni rap, nonostante in Iran sia illegale per le donne lavorare come cantante solista senza il permesso del governo.     
Grazie alla collaborazione con una regista donna iraniana, nel 2014 realizza il video della sua canzone con cui rappa il suo rifiuto su You Tube. In breve tempo e anche grazie alla sua partecipazione ad una iniziativa pubblica londinese si accendono i riflettori su una pratica che il mondo conosce ma spesso dimentica: le spose-bambine.

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